MAURO UBERTI

«LE NOZZE DI TETI E DI PELEO»
ASPETTI ESECUTIVI

Colloque
«Les noces de Pélée et de Thétis».
Venise, 1639 - Paris, 1654
«Le nozze di Teti e di Peleo».
Venezia, 1639 - Parigi, 1654

Centre d'Études Franco-Italiennes
CEFI - CNRS - ERS 2083
Università degli Studi di Torino - Université de Savoie
Torino - Chambéry, 3-5 / 6-7 novembre 1999


Il recupero delle «Nozze di Teti e di Peleo» dovrebbe implicare anche la loro proposta spettacolare. A questo punto la palla passerebbe al musicista pratico, la cui responsabilità prima sarebbe quella di restituire l'opera in un codice interpretativo coerente con quello compositivo di Francesco Cavalli; è esperienza ormai consolidata dei cultori di musica antica, infatti, che quanto più il linguaggio dell'esecutore riesce ad avvicinarsi a quello del compositore, tanto più aumenta la comprensibilità - e quindi la godibilità - delle composizioni eseguite.
Il problema va oltre la musica. Ogni testo scritto ha un valore formale ed un valore sostanziale, implicito ma non evidente, in quanto ogni forma di comunicazione, che abbia una delle sue dimensioni nel tempo implica comunque «un certo ordine di procedere [...] che non si può scrivere»(1). Se la «pronunzia» di quel testo - dando a «pronunzia» il senso più lato - non è coerente con quella originale la comprensibilità diminuisce, diminuisce la godibilità e, certamente nel caso della musica, subentra la noia dell'ascoltatore.
L'esperienza consolidata di cui sopra dimostra la validità di un'ipotesi di lavoro peraltro ovvia: se vi fu un momento in cui il pubblico pagò per divertirsi ascoltando musiche che oggi invece ci annoiano, probabilmente ad annoiare non sono le musiche d'allora, ma le esecuzioni di oggi e pertanto la ricerca deve essere rivolta a ritrovarne i modi esecutivi originali. Le osservazioni che seguono vorrebbero essere un contributo a questo intento.

I problemi che si porrebbero a chi si accingesse a mettere in scena le «Nozze» sono di tipo sia strutturale che interpretativo; prima di giungere al momento interpretativo, infatti, occorre provvedere all'assegnazione delle parti a determinati tipi di esecutori e, prima ancora, all'integrazione di alcuni brani dell'opera, la cui notazione in partitura è incompleta.

Problemi strutturali.

  • Integrazione dei brani corali e strumentali la cui notazione in partitura è incompleta.
    Il ms. della Biblioteca Marciana di Venezia che ci tramanda le «Nozze» presenta una decina di brani d'assieme, per i quali il copista aveva previsto accollature variabili fra i due e i sei righi, ma la cui notazione è rimasta per un verso o per l'altro incompleta. E' un aspetto comune a partiture almeno altrettanto illustri - una per tutte: «L'incoronazione di Poppea» di Monteverdi(2) - ma questo non toglie che chi dovesse riproporre «Le Nozze» in forma spettacolare si ritroverebbe, oggi come allora, a dover integrare ciò che sulla carta manca; con lo svantaggio in più di dover prendere decisioni che, ai giorni nostri, avrebbero da essere scientifiche prima ancora che artistiche.
    Della decina di brani nelle condizioni dette, tre ritornelli, scritti in accollature di cinque righi ma con solo tre parti notate, suonano all'orecchio in modo soddisfacente, tanto da far pensare che essi siano completi e che i vuoti siano soltanto il risultato di un'impaginazione frettolosa. Non è certamente il caso delle composizioni vocali e strumentali, delle quali è notata soltanto la parte del basso.
    Stante questo vuoto nella notazione, l'esecuzione pone problemi che rientrano in quello più generale del restauro: altra cosa, infatti, è fare un edizione filologica a stampa per studiosi ed altra è far rivivere l'opera per un pubblico normale. Per nostra fortuna, il dilemma fra conservazione e restauro - cioè fra esecuzione letterale ed esecuzione integrata delle parti mancanti - non è così drammatico come per le arti visive in quanto ad ogni nuova esecuzione l'integrazione apportata all'opera potrà essere modificata o rimossa. Diciamo tuttavia che per l'esecutore moderno si porrebbe un problema di onestà intellettuale: quanto gioverebbe o nuocerebbe di più al recupero delle «Nozze» un'esecuzione che, ritrosa ad aggiungere note all'originale, ne lasciasse evidenti le amputazioni e quanto invece un'altra che, coprendole con abili interventi di chirurgia plastica, rischiasse di dare una conoscenza dell'originale falsata? (E' la domanda che si pone l'ascoltatore avveduto ad ogni esecuzione della Turandot di Puccini).
    Rimandando ad altra occasione le discussioni epistemologiche dirò soltanto le soluzioni tecniche che mi sembrerebbero ragionevoli nel caso di esecuzioni «restaurate».
    Soluzione minima. Si esegue soltanto la parte di basso, integrata dalla normale e comunque obbligatoria realizzazione del basso continuo. L'ascoltatore avvertirebbe un vuoto improvviso nel fluire dell'opera e, mutatis mutandis, si troverebbe nelle condizioni dell'osservatore di un affresco restaurato, le cui parti mancanti siano state lasciate in bianco.
    Soluzione media. Esecuzione come sopra con il vuoto di una parte evidente di canto, colmato dall'aggiunta di diminuzioni sul basso da parte di uno strumento melodico. Per quanto questa pratica musicale, più che centenaria al momento della prima rappresentazione delle «Nozze», tendesse ormai all'esaurimento, la soluzione sarebbe certamente proponibile nel caso di un'esecuzione restaurata in quanto ancora l'anno prima il fagottista spagnolo Bartolomeo de Selma aveva pubblicato, proprio a Venezia, il madrigale «Vestiva i colli» del Palestrina e «Susanna» di Orlando di Lasso, passeggiati per basso (e «Vestiva i colli» anche per soprano)(3). Come nel caso della soluzione minima l'ascoltatore percepirebbe lo stacco, ma l'effetto, per continuare nella metafora dell'affresco restaurato, potrebbe essere ricondotto a quello di un dipinto i cui vuoti siano stati riempiti con retinature di colore opportuno.
    Soluzione massima: ricostruzione delle voci mancanti assumendo come modello i brani polifonici delle «Nozze» notati per intero. Eseguito da un abile musicista il restauro potrebbe anche superare la prova di un ascolto esperto mentre onestà intellettuale vorrebbe che le integrazioni fossero in qualche modo segnalate all'ascoltatore.
    In situazione reale le scelte definitive sarebbero determinate dalle contingenze e da ragioni di politica culturale.